martedì 6 marzo 2012

Lucio Dalla: Il piccolo pirata delle isole Tremiti è tornato nelle profondità del suo mare

                                                 di Vincenzo Stranieri

E’ bene che su Lucio Dalla si chiuda almeno per un po’ il sipario dei ricordi: una grandinata di memorie più o meno note  da giovedì passato ingolfano la stampa e i palinsesti televisivi. Il folletto bolognese se ne è andato proprio  quando la sua musica aveva cominciato un’altra  tappa europea.
E’ morto senza preavviso, senza alcuna pausa tra il primo tempo (la vita terrena) e il secondo tempo (la continuazione in eterno della prima). Era un credente, un Gesù Bambino che per tutta la vita ha come lievitato sulle acque, sapendo moltiplicare pani e pesci, specie quando pescava nel suo profondo mare. Era un intellettuale vero, uno straordinario conoscitore dell’animo umano.


Se non avesse fatto il cantante/poeta o viceversa, di certo  avrebbe scritto saggi illuminanti sul senso della vita, sulla sua bellezza. E’ vero, abbiamo un po’ tutti bisogno d’essere rappresentati, di sentirci parte di un qualcosa che ci dica tu sei, la tua presenza è negli altri e con gli altri. E la folla traboccante di Bologna ne è la prova più rilevante. Migliaia di persone che hanno letteralmente occupato Piazza Maggiore (piazza Grande) per sentirsi una comunità  impegnata a ricordare che i versi di un poeta non muoiono mai, resistono al tempo e alle retoriche imperanti.
Ho notato che Guccini è stato in disparte, stessa cosa ha fatto De Gregori. Li ho immaginati  immersi in meditazioni silenziose dove neanche la musica ha potuto trovare  un suo piccolo spazio, perché tutto, in particolari momenti, può profanare il pensiero immerso nelle profondità abissali dell’esistenza: terribilmente breve quanto inestricabile.
Da un po’ di tempo mi ritrovo a giustificare la chiesa, a non condividere alcune osservazioni che mirano a smascherare alcune sue apparenti oziose posizioni.
Da un po’ di tempo, dicevo, tutto è colpa della chiesa,  anche la decisione di rimanere ortodossi  nel corso della cerimonia funebre di Lucio è passata in secondo piano rispetto al fatto che le gerarchie più alte della Chiesa bolognese avessero delegato il tutto al padre domenicano Bernardo Boschi.
Mi pare una polemica sterile, lo stesso Dalla aveva più volte espresso il desiderio di lavorare a favore degli ultimi in collaborazione con frati e organizzazioni religiose volte al sociale, credo che Lucio - dalla sua nuova postazione- ha invece molto apprezzato la sobrietà della sua Bologna.
Che Dalla fosse gay era arcinoto, come pure che non amasse parlarne. La sua sfera sessuale non doveva   divenire una bandiera da sventolare ai quattro venti. Sapeva che tutte le icone finiscono presto al muro, preda della polvere e delle ragnatele del perbenismo.
La chiesa ha lasciato il compito di ricordarlo a dovere al suo giovane compagno Marco Alemanno, che quasi tutti i media hanno definito collaboratore o altro del grande artista. Anche questo- come si sa- è colpa della chiesa. 





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