mercoledì 17 marzo 2021

Il seme nelle terre perse, di Giuseppe Italiano (Rubbettino, 2016

 


 

Prendo con un certo ritardo i miei appunti su un saggio dal titolo suggestivo: Il seme nelle terre perse, di Giuseppe Italiano (Rubbettino, 2016, motivi contingenti non mi hanno consentito di scrivere prima su questo bel testo che contiene diversi saggi di natura variegata che hanno come unico baricentro la semina culturale (mi si passi la metafora) che in ogni lembo di terra potrebbe, se è vera e viva la decisione di seminare, attecchire in un qualsiasi terreno incolto. Italiano si è costruito un particolare linguaggio: letterario quanto basta, chiaro e puntiglioso, perché lui tiene alla comunicazione priva di fraintendimenti. E in questo egli è proprio bravo, mai s’inerpica su pericolosi dirupi semantici perché lui è persona mite e priva di retro pensieri. Detto questo, la miscellanea dei suoi scritti offre-tra ‘altro- un inedito spaccato del teatro di Mario La Cava- a esempio- la cui struttura scenica e prosastica aveva tanto impressionato Leonardo Sciascia; per poi ricordarci che anche un Gramsci ha potuto sbagliare allorquando ha sminuito in modo grossolano e violento il romanzo Emigranti di Francesco Perri. Italiano mantiene una buona amicizia con Matteo Collura, cugino di Leonardo Sciascia, e al quale ha dedicato un prezioso volume. Collura è venuto a Bovalino più volte per la presentazione di alcuni suoi saggi, e del nostro lembo di terra è rimasto impressionato positivamente. Italiano parlando di Collura in realtà parla anche di Leonardo Sciascia, indomabile “moralista” troppo presto venuto a mancare. Non sono assenti le note di cronaca, naturalmente, ma queste vanno giustamente affidate al lettori, che invito a leggere questo bel saggio intriso di valori morali senza tempo.

martedì 16 marzo 2021

“Brevi finestre” di Domenico Talia, Il seme bianco, Roma 2020

 

“Brevi finestre” di Domenico Talia, Il seme bianco, Roma 2020, è una sorta di taccuino contenente note che poco insistono su vicende di mera quotidianità, tantomeno l'autore registra pensieri staccati da valutazioni storico-politiche attualmente in auge. Egli s'impegna – tra l’altro - a decifrare i motivi di fondo che hanno contribuito a impantanare il dibattito socio-antropologico a livello globale.  E lo fa osservando con dovizia di particolari le contraddizioni della società attuale, ma nel farlo non usa alcun nerbo, il suo linguaggio è apparentemente calmo e mai scontroso, infatti, Pare di sentire una voce volutamente flebile,  mai volgare, con parole che disegnano la realtà interna/esterna senza mai scivolare in beceri luoghi comuni, mantenendo sempre oggettività e senso  delle proporzioni. Anche l'ironia di alcune note è saggia e mai invasiva. E’ un linguaggio- come dicevo- che differisce molto dalle sue precedenti opere narrative e di viaggio, a dimostrazione della progressiva maturazione semantica. In questo testo di appunti, infatti, Talia mantiene un contegno linguistico straordinariamente unitario. Non voglio riassumere il testo, non è questo che interessa il lettore, ma non posso non ribadire che l'autore ha saputo con eleganza e maestria descrivere con estrema incisività la sua attuale visione del mondo, che, a ben vedere, va di molto oltre strette e BREVI FINESTRE.

  “Questo ci indica che in futuro di fronte a scenari inediti dovremo essere capaci di esprimere forme originali di pensiero e di conoscenza e definire nuovi e più sofisticati linguaggi che ci permettano di esprimerli”.(pag.87)

 

mercoledì 10 marzo 2021

AMO LE DONNE


Perché amo a dismisura l'altra metà del cielo? Forse per le figure femminili che hanno animato la mia bella infanzia (mamma, nonne e tante zie e vicine di casa), ma non solo. La Vallata La Verde in cui mi ostino a vivere ha consentito anche alle generazioni precedenti alla mia di studiare a Locri e a Siderno. E le belle ragazze dai neri grembiuli erano tante, sorridenti, felici di acculturarsi. Per noi maschi era un fatto normale, come pure normale era cercare di conquistare un loro sorriso, uno sguardo donato come pegno di un'età straordinariamente densa di luce vera. Ci salutiamo con affetto ancora oggi. Amo le donne e non comprendo dove stia la loro inferiorità. Vorrei ricordarmi e ricordarvi una frase che conservo gelosamente nella mia agenda "segreta", un pensiero profondo del grandissimo Corrado Alvaro.
SCAVARSI LA FORMA NELLA DONNA CHE SI E' SCELTA, CERCARE COME IN UN MONDO (Quasi una vita, p.146).




domenica 7 marzo 2021

MICHELE PAPALIA, SULL’ONORE NOSTRO, CITTÀ DEL SOLE, RC, 2020

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Dopo aver letto e apprezzato il breve prologo del primo capitolo (immagini incisive anche sul piano poetico) ho pensato che il resto del romanzo avrebbe avuto un suo celere seguito seguendo i canoni classici del romanzo: azione e caratteristiche peculiari dei protagonisti, trama e ambiente geografico umano d’azione; ma poi ho notato che altre sedici brevi introduzioni facevano capolino a ogni cap. e, conseguentemente, mi sono convinto che era meglio leggere il testo di Michele Papalia non come un romanzo tout court bensì come il frutto di diciassette testi narrativi brevi (da notare che il pregiudizio iettatorio riferito al numero 17 non trova riscontro da parte dell’autore) che, se uniti, potevano ugualmente reggere l’impalcatura romanzata. E questo perché ogni breve racconto, nonostante le similitudini dei protagonisti, è autonomo, non ha bisogno d particolari allegorie, tantomeno di evidenti spazi geografici. Nei paesi di un’Italia ricca di piccoli, medi e grandi paesi stanno scomparendo i personaggi tipici, rappresentativi dell’antropologia profonda dei luoghi che, invece, nell’opera di Papalia rappresentano l’ossatura più sostanziosa, sintetizzano storie e memorie di un mondo che, purtroppo, non ha retto alla forza violenta dei tempi mutati. Le fantasie amorose e di rivalsa sociale (priva di esiti positivi) di Don Ciccio o Poeta che desidera la bella Cata, “ I capelli color carbone (che) lambivano le punte dei seni”. Ma è proprio quando la prospettiva della lettura muta, quando si decide di unire i componenti di questa collana antropologica dedicata a un piccolo paese aspromontano che la storia prende un’altra piega e i brevi incipit ai capitoli non hanno più la forza di rimanere autonomi all’interno dell’intero tessuto narrativo. In fondo non è bello creare sofferenza, penetrare nelle profondità del mondo in cui si vive, narrarne la storia, evidenziarne soprattutto le sconfitte. Prepotenze, le stesse che, forse, hanno alimentato il seme maligno dell’Onorata Società, che rappresenta la nascita e lo sviluppo di violenze altrettanto feroci se comparabili alle ingiustizie perpetrate dai Potenti di turno ( Il Cigno e Giosafatto, aristocratici avidi e senza scrupoli). Alla fine non vince nessuno, le sorti di questo isolato paese dell’estremo Sud non interessano ai più , o meglio, andando avanti nel tempo, esso, suo malgrado, viene a tutt’oggi additato come brutto e cattivo, fornace viva della criminalità organizzata. Per finire, va dato merito a Michele Papalia del suo profondo atto d’amore verso la sua Platì, dove e nato e dove ha deciso di viverci, e questo, si badi bene, in una realtà antropologica sì romanzata, ma dove il blocco spazio-tempo vissuto dai personaggi sembra ancora imperare sulla realtà attuale. Un microcosmo avvolto in una cornice di luci inquietanti che vuole ricordare a tutto a tutti che senza lotta non si vince, che maledire il fato vuol dire sprofondare ancor più nel ventre sterile del vittimismo.
Pieno merito a questo giovane autore, testimone mai passivo del suo mondo d’origine, proteso , all’occorrenza, verso più vasti orizzonti.

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sabato 6 marzo 2021

Alessandro Sallusti intervista Luca Palamara IL SISTEMA (Potere, politica affari: (storia segreta della magistratura italiana), Rizzoli ed. Milano 2021

Intitolare un romanzo non è cosa semplice. Deve essere soprattutto tematico, pena facili depistamenti. Mettiamo di voler intitolare un “nostro” romanzo IL SISTEMA, conseguentemente dobbiamo stare attenti a non creare equivoci con i Sistemi che imperano dalla notte dei tempi, e che sempre e comunque si coniugano con il Potere cui appartengono quanti impongono le proprie ideologie su noi comuni mortali. Oltre al titolo, il romanzo abbisogna di una bella trama: accattivante, verosimile, e con in serbo qualche vellutata storia d’amore. Detto questo in soldoni, il discorso sarebbe lungo e faticoso, ho da dirvi che per leggere SISTEMA (Sallusti intervista Palamara) ho dovuto pensare all’intervista non come a un’operazione normale di inchiesta giornalistica. No. per poterla leggere fino in fondo, l’ho dovuta pensare come si fa per un romanzo: periodo storico, protagonisti, tessitura, trama, esito finale. Ma non pensiate che la cosa riesca facilmente. Spesso si ha l’impressione di venire a conoscenza di fatti non più inverosimili, inventati da chissà quale fervida fantasia. No. Palamara, è vero, è un regista abile del SISTEMA. Ma non è il solo, purtroppo. Nella piramide del potere inerente la magistratura italiana egli è forse il più coriaceo, il più accreditato presso le procure compiacenti. ma vi sono altri numerosi colleghi che lavorano sottotraccia per il Sistema.

Palamara ha scoperchiato il vaso di Pandora? Solo in parte. Da anni la magistratura mostra crepe al suo interno, fibrillazioni non sempre sopite. Si capisce bene dalle confidenze di Palamara a Sallusti, s’intuisce che il SISTEMA traballa allorquando gli interessi non collimano con gli obiettivi primari degli organismi interni. Tutti aspirano a qualcosa, nessuno vuole recedere, crescono così colpi bassi difficili da archiviare, accuse pesanti da proferire senza alcun ritegno. Crescono pure i Dossier, informazioni segrete da carpire anche con l’inganno e da utilizzare nei momenti opportuni. Il magistrato X ambisce, magari legittimamente, a essere promosso Procuratore Capo di una città a lui gradita, ma deve rinunciarvi perché, stranamente, viene resa pubblica una sua disavventura, chiamiamola così, verificatasi in passato e che ora assurge a colpa indifendibile. Tranello dopo tranello, sgambetto malevolo dopo sgambetto.

Palamara usa un proverbio azzeccato per mostrare le basi un tempo cementificate del SISTEMA giustizia, ovvero che CANE NON MANGIA CANE. E invece i morsi sono in aumento, fanno male, logorano i rapporti storici, inficiano le regole interne al SISTEMA Il nepotismo  non conosce distinzione di classe,  un po’ tutti, all’occorrenza, attingono alla mammella materna. Non sempre è un fatto immorale, si può essere bravi figliuoli pur in presenza di genitori ingombranti, ben inseriti in ambiti sociali altolocati. Tuttavia è più facile ritrovarsi contadini quando si proviene da famiglie dedite da lunghe stagioni all’aratura dei campi. E quindi il cosiddetto  ASCENSORE SOCIALE , strumento  per scalare  le irte montagne  che conducono a posti di prestigio, ha una sua peculiare funzione, difficilmente dà spazio e trasporto a quanti non orbitano negli alvei riconosciuti degli eletti, che hanno conosciuto SOLO vizi e bambagia.  E’ vero non bisogna generalizzare, non sempre i figli  prendono il posto dei padri, ma pochi s’oppongono  al SISTEMA che sorregge certi ambienti legati al POTERE  di turno. Che anche in Magistratura l’ascensore sociale funzioni senza particolari intoppi è fatto ormai accertato. E questo non necessariamente tra parenti prossimi. E visto che stiamo parlando di Luca Palamara, figlio di magistrato, il quale ha dovuto per forza di cose “vomitare” il malaffare esistente nel suo mondo  lavorativo, non risulta giusto giudicare  il mondo della magistratura come un corpo compatto inserito nel SISTEMA. Lo assicura lo stesso Palamara, che i buoni magistrati ci sono e che lavorano con dedizione e onestà professionale. Non mi è antipatico Palamara perché alla resa dei conti, e non solo per difendersi dalle conseguenze, ha ammesso cose che altrimenti sarebbe rimaste sepolte nell’omertà e quindi nell’oblìo. Spero tanto che un bel po’ di magistratura si pensioni, che vada a casa, ha già avuto troppo e senza pagare nulla in cambio. Spero tanto nei giovani magistrati da poco entrati in funzione, e che forse sapranno  stare lontano da qualsiasi SISTEMA di potere, inaugurando così stagioni nuove e positive e questo in nome di Falcone, Borsellino e tutti gli onesti rappresentanti dello Stato (a tutti i livelli) che hanno lottato per darci  un mondo ricco di ideali che tutti noi siamo chiamati a  custodire con estremo pudore.