lunedì 9 maggio 2022

Breve viaggio in pullman (Arcavacata-Unical-Locri) Cronistoria di una studentessa “vittima” del docente universitario “ammazzatutti

 Il pullman sul quale viaggio (Arcavacata/Unical-Locri) è                                                   stracolmo di studenti sudati e stanchi. Quando  si avvicina a Rogliano (un tratto d’autostrada da                                 affrontare con prudenza) m’irrigidisco e cerco di allontanare la tensione pensando ad altro. L’asfalto                                  infuocato rilascia strani messaggi di luce. Manca l’aria, nonostante il buon sistema di areazione. Accanto a me è seduta una giovane studentessa universitaria. Appare triste, con gli occhi persi nel vuoto. Le dico che il caldo è soffocante, che il mezzo è troppo affollato; la ragazza, però, non mi risponde. Sono stanco, chiudo gli occhi alla ricerca di un po’ di sonno ristoratore, ma di a poco un giovane studente mi si avvicina dicendomi di conoscere i miei figli, che con uno di essi hanno frequentato lo stesso corso d’inglese ai tempi del liceo. E’ gentile. Mi saluta con garbo e torna al suo posto. La ragazza seduta al mio fianco, invece, scoppia in un pianto intenso e silenzioso; calde lacrime solcano il suo giovane viso. E’ nella mia natura cercare di capire cosa accade al prossimo. Posso fare qualcosa per te”,  le dico a bassa voce, per non farmi sentire dai presenti.

Ho paura di ritornare a casa a mani vuote”, mi risponde dopo aver inspirato a lungo.

Segue un fitto dialogo dal quale viene fuori che, per la terza volta consecutiva, non ha superato un esame importante. “Il prof. - mi dice - incute terrore, proprio ieri ha rimandato a casa la quasi totalità degli esaminandi. Lo fa sistematicamente. Tale comportamento non ci fa studiare tranquilli. L’Università è divenuta una vera ossessione, quasi un luogo di tortura psicologica”. Probabilmente opterà per una sede universitaria del Nord (forse Bologna); altri suoi colleghi di corso stanno maturando la stessa intenzione. La ragazza - lo deduco da quanto mi dice- ha alle spalle un brillante curriculum scolastico (maturità classica con 94/100), studia con passione e diligenza, non trascura mai le lezioni, in alcuni casi le registra. Mostra un’ottima proprietà di linguaggio. Cerco di calmarla, le chiedo di non demordere, di non lasciare la nostra bella terra, che sono troppi i giovani costretti ad abbandonarla. Si asciuga a più riprese le lacrime, mi risponde che ha bisogno di riflettere, che deciderà assieme ai suoi genitori. Scende   nei pressi di Locri. Mi saluta abbozzando un sorriso di gratitudine. Le auguro ogni bene. Il pullman riparte, ora è quasi vuoto. Rientro a casa turbato, quanto raccontatomi - ripeto a me stesso- non depone a favore del docente “ammazzatutti”. Difatti, quando si boccia troppo (quasi in modo compulsivo), non necessariamente si è     misurati nel giudizio. In alcuni casi, infatti, il motivo per cui gli allievi non ottengono buoni risultati può dipendere dalla rigidità didattica del docente. Senza empatia non si va da nessuna parte, infatti. Spero tanto che la ragazza non lasci l’Unical. Sarebbe una sconfitta per tutti.

U CATOJU E I PROHJ

 

Già la prima quartina è indicativa di come  Michele Germanò, anziano poetca dialettale originario di Sant'Agata del Bianco,  pensa e ripensa al suo paese  come “nu valurusu picciulu museo... di li penzeri è sempre visitatu”. Qui l’elemento poetico ben si coniuga con quello antropologico perché le rivitazioni mentali di Germanò sono quasi un’elencazione di vicende e personaggi che mai sfuggono al suo pensiero, alla sua esperienza di calabrese trasferitosi nel ventre di una storia cosmopolita (leggi CANADA) che sì lo aiuta a crescere sul piano economico, lo irrobustisce anche sul piano culturale (l’acquisizione di una’altra lingua), ma a un prezzo troppo alto. A ben leggere i suoi versi, si riscontra una nostalgia non solo da addebitare alla’emigrazione, vi è infatti  la consapevolezza che il luogo che lo ha visto nascere e crescere è irrimediabilmente cambiato, che la realtà degli oggetti che animava la civiltà contadina è ormai divenuta un triste  Museo. Difatti “…puru u foculara e senza fiamma”, “Riposa e cchju non scrusci lu tilaru”.Non più le donne, madri, sorelle, zie e fidanzate stanno chine sul telaio, non più coperte colorate realizzate in modo artigianale. E sì che un tempo i  tilari, anche di notte, facevano eco ai rumori notturni, al cammino dei contadini che si recavano di primo mattino in campagna.  Un mondo cadenzato da ritmi umani, da fatiche impregnate di sudore, questo sì, ma comunque con al centro l’uomo e la sua millenaria presenza terrena. Da segnalare il recupero di molti termini arcaici, utilizzati nelle nostre vallate fino alla metà degli anni’ 50.  Germanò in questo è alquanto abile, disegna dei quadretti semantici molto veritieri, recupera numerosi affreschi delle nostre tradizioni. In più, alla fine del testo poetico, allega un interessante glossario di detti termini  che facilitano la comprensione del loro  il signficato non solo sintattico ma anche allegorico. In conclusione, le quartine (ABAB) sono lo specchio concreto di un mondo ormai scorparso, di una generazione che ha fatto a pugni con la terra, le sue zolle aride e i tanti padroni di  turno, usurpatori senza scrupoli. Ma Germanò non recrimina contro nessuno, egli, con intelligenza e particolare senbilità, disegna tratti poetici del suo mondo d’origine, di quando  i barigghj erano recipienti in legno altamente  preziosi per il trasporto dell’acqua attinta alle poche fontane sorgive poste ai fianchi dei piccoli paesi di collina.

 “Quant’acqua, pe na vita ‘ndi portaru,

sicuramenti, cchiù di na jumara.

sabato 7 maggio 2022

HANDICAP PREGIUDIZIO LETTERATURA

  Il presente saggio,  realizzato nell’ambito dei programmi europei PETRA e ERASMUS, a cura, presso il Dipartimento di Scienze dell’Educazione- Università di Bologna- del Prof. Nicola Cuomo (“L’emozione di conoscere”, 2-4 settembre 1991), è stato pubblicato su “Aschesis” n. 6/9-settembre-dicembre 1991. In questa sede, è stato riveduto ed integrato in alcune sue parti.

 Vincenzo Stranieri : Pedagogista, cultore di Antropologia Culturale presso la facoltà di Lettere e filosofia dell’Università della Calabria

Sin dall’antichità ogni manifestazione che non rientrava nell’alveo degli schemi culturali del sistema sociale era considerata un evento <<fuorinorma>> da esorcizzare in nome di principi religiosi o, anche, di criteri politico-religiosi. (1)

Gli spartani – a esempio- praticavano nei confronti dei bambini affetti da malformazioni, una sorta di giudizio di <<utilità>> per cui ritenevano giusto sopprimerli. (2)

La relazione tra gli uomini e il Potere politico-religioso era dunque fuorviata dal pregiudizio, dalla totale ignoranza dei motivi che stavano alla base dei comportamenti degli <<invasati>>, nonché degli individui oggi meglio conosciuti come portatori di handicaps.

Anche i secoli rinascimentali conobbero, non meno che in passato, forme più o meno aberranti di pregiudizio. (3)

Conseguentemente, anche nel sec.XVI° ed oltre, assistiamo al dilagarsi di un’ira persecutoria al punto che fra’ Girolamo Manghi da Viadana, Minore osservante (1529-1609), pubblica il <<Compendio dell’arte esorcistica>>, Bologna 1576. (4)

Pochi anni prima, invece, (1560) <<usciva per opera dello stampatore veneziano Lodovico Avanzi, che la pubblicava assieme alla magia Naturale di Giovan Battista della Porta, la traduzione italiana de “Occulta naturae Miracula” del medico zelandese Lievin Lemmes. Il capitolo VIII° era dedicato ai “parti mostruosi”, e, “nella copia dell’opera ora posseduta dalla biblioteca Universitaria di Bologna, accanto al titolo, una mano del XVI° sec. vergava l’avvenimento per li maritati pazzi e sporchi”>>. (5)

Inoltre, e qui i fatti diventano veracemente inquietanti, l’idea della <<terribilità>> della nascita era all’origine della tacita ma diffusa abitudine, anche in questo periodo, << di uccidere subito dopo il parto la creatura deforme che non fosse morta spontaneamente>>. (6)