Vincenzo Stranieri
Il sole e il sangue di Domenico Talia (Ed. Ensembel, Roma, 2014), volume composto da
17 brevi racconti per un totale di 153 pagine, è una gradita sorpresa. L’autore, nativo di S.Agata del Bianco, è
ordinario di Ingegneria informatica all’Università della Calabria, ha pubblicato nel 2004 una raccolta dedicata
al viaggio (Itinerari stranieri).
Il
bello dei racconti è che puoi cominciare da dove desideri.
Leggo
per primo Treno Ionico, che inizia con un “Finalmente il treno arrivò. Lui
salì”. Credo che il vero filo conduttore del libro di Domenico Talia stia proprio in questa breve locuzione.
Quando il protagonista di Treno Ionico sale sul treno non ha ancora maturato la consapevolezza che il corso dell’esistenza è un andirivieni tra il prima e il dopo. Tra quelli che siamo stati e quelli che siamo diventati.
E’ forse il più bello, intenso racconto di Talia.
Anche perché l’autore si denuda in profondità, non nasconde le sue emozioni, il suo stupore. "Era partito da una stazione che aveva ormai quasi dimenticato, come se avesse fatto parte di un’altra storia, di un’altra vita. Aveva dimenticato il mare, i monti, il treno, quei rumori, quegli odori, quei paesaggi. Aveva dimenticato quel diverso modo di sentire il tempo, quella sensazione di essere parte, noi stessi, di un qualcosa di più grande e di ignoto", p.32.
L’umanità, infatti, vive di stanzialità, di movimento perenne. E’ il frutto di questa insita necessità antropologica. Viaggi veri, dettati da motivi diversi, viaggi mentali che scaturiscono dalla necessità di sfuggire a collocazioni statiche in grado di renderci miopi e ripetitivi.
Quando il protagonista di Treno Ionico sale sul treno non ha ancora maturato la consapevolezza che il corso dell’esistenza è un andirivieni tra il prima e il dopo. Tra quelli che siamo stati e quelli che siamo diventati.
E’ forse il più bello, intenso racconto di Talia.
Anche perché l’autore si denuda in profondità, non nasconde le sue emozioni, il suo stupore. "Era partito da una stazione che aveva ormai quasi dimenticato, come se avesse fatto parte di un’altra storia, di un’altra vita. Aveva dimenticato il mare, i monti, il treno, quei rumori, quegli odori, quei paesaggi. Aveva dimenticato quel diverso modo di sentire il tempo, quella sensazione di essere parte, noi stessi, di un qualcosa di più grande e di ignoto", p.32.
L’umanità, infatti, vive di stanzialità, di movimento perenne. E’ il frutto di questa insita necessità antropologica. Viaggi veri, dettati da motivi diversi, viaggi mentali che scaturiscono dalla necessità di sfuggire a collocazioni statiche in grado di renderci miopi e ripetitivi.
Ma
avviene che anche quando pensiamo di essere fermi nel luogo in cui viviamo, continuiamo a muoverci verso
qualcosa o qualcuno.
In letteratura, la fantasia si chiama creatività, rielaborazione delle speranze vissute, cercate, annotate nel corso di questi viaggi che - è bene dirlo- non sono né semplici né facili. Anzi. Si può rimanere fortemente disorientati, travolti. Talia apprende che il ritorno è doloroso, ma anche costruttivo, ricco di sollecitazioni positive.
In altri racconti (Granelli di sabbia rosso sangue, In tre ore in un altro mondo, a esempio) viene espressa profonda amarezza per la difficile situazione socio-economica vissuta/subita dalla nostra terra (la Calabria), un mondo preda del malaffare politico-mafioso, ed anche di tanta indifferenza.
In letteratura, la fantasia si chiama creatività, rielaborazione delle speranze vissute, cercate, annotate nel corso di questi viaggi che - è bene dirlo- non sono né semplici né facili. Anzi. Si può rimanere fortemente disorientati, travolti. Talia apprende che il ritorno è doloroso, ma anche costruttivo, ricco di sollecitazioni positive.
In altri racconti (Granelli di sabbia rosso sangue, In tre ore in un altro mondo, a esempio) viene espressa profonda amarezza per la difficile situazione socio-economica vissuta/subita dalla nostra terra (la Calabria), un mondo preda del malaffare politico-mafioso, ed anche di tanta indifferenza.
In Due suore e due ragazze viene narrata la storia di quattro donne che intendono
migliorare le condizioni sociali di un piccolo paese del Sud. Il loro impegno
fa paura a quanti sono impegnati a mantenere lo status quo. La conseguente
reazione è quella di sminuzzare le gomme della vecchia Panda delle suore.
Ma il racconto, oltre alla presa d’atto di quanto accaduto, mette in rilievo che laicità e religiosità debbono, lasciando da parte le convinzioni di fondo che pure le animano, allearsi contro il male.
Sono questi i racconti in cui maggiormente si rivela l’assunzione di responsabilità etica dell’autore, che non può e non vuole rifugiarsi nel racconto/reportage.
Ma il racconto, oltre alla presa d’atto di quanto accaduto, mette in rilievo che laicità e religiosità debbono, lasciando da parte le convinzioni di fondo che pure le animano, allearsi contro il male.
Sono questi i racconti in cui maggiormente si rivela l’assunzione di responsabilità etica dell’autore, che non può e non vuole rifugiarsi nel racconto/reportage.
Il
testo, infatti, è collocato su due piani
diversi ma non contrapposti: lo sguardo dell’autore su quanto ha davanti agli
occhi, le amare riflessioni sul tempo
che passa, le cose mutate, il degrado, ma anche la speranza, il profondo desiderio
di vivere pienamente.
E’ un linguaggio leggero, volutamente asciutto ed essenziale. Le vicende vengono enunciate con periodi brevi, secchi, e ciò anche quando vengono descritti avvenimenti tragici (omicidi, vessazioni di stampo malavitoso, etc.).
I 17 racconti in questione, pur prendendo spunto da vicende vissute o apprese da fonti diverse (orali, soprattutto), hanno il pregio di ampliare lo sguardo anche sulle contraddizioni del cosiddetto mondo globalizzato (Nella campagna assolata).
Penso, però, che il meglio l’autore lo dia soprattutto nelle numerose pagine in cui rivela il suo modo di essere, quando getta lo sguardo sulle azioni di uomini e cose che ben conosce, quando ne diviene un credibile portavoce.
E’ un linguaggio leggero, volutamente asciutto ed essenziale. Le vicende vengono enunciate con periodi brevi, secchi, e ciò anche quando vengono descritti avvenimenti tragici (omicidi, vessazioni di stampo malavitoso, etc.).
I 17 racconti in questione, pur prendendo spunto da vicende vissute o apprese da fonti diverse (orali, soprattutto), hanno il pregio di ampliare lo sguardo anche sulle contraddizioni del cosiddetto mondo globalizzato (Nella campagna assolata).
Penso, però, che il meglio l’autore lo dia soprattutto nelle numerose pagine in cui rivela il suo modo di essere, quando getta lo sguardo sulle azioni di uomini e cose che ben conosce, quando ne diviene un credibile portavoce.
Come
dicevamo, al sole caldo e ristoratore
della nostra bella Calabria si contrappone il sangue, l’assurdo desiderio di autodistruzione che
anima quanti inneggiano alla violenza.
L’invito
di Domenico Talia, fermo quanto accorato, è
quello di scegliere la luce del sole al posto dell’orrido sangue.