da IL QUOTIDIANO DELLA CALABRIA del 21 agosto 2013
Vincenzo Stranieri
Casignana- 22 settembre 1972- Cinquantenario della strage- Pasquino Crupi ricorda- con viscerale passione- i tristi avvenimenti del 22 sett. 1922. |
Pasquino Crupi è stato un intellettuale anomalo, un “calabrese” che per l’amore viscerale verso la sua terra ha finanche rischiato l’insolenza altrui, nonché qualche giudizio negativo immeritato.
Uomo ricco di contraddizioni (chi non lo è ?), sorprendentemente audace nelle sua decisione di lasciare il P.C.I. per approdare nel P.S.I. guidato da Giacomo Mancini (la loro amicizia era profondamente filiale), Pasquino fa coincidere sempre e comunque l’impegno culturale con quello politico. Insegnante di lettere acuto ed illuminato, si trasforma, all’occorrenza, in gradito “oratore” nelle centinaia di piazze che lo hanno visto proferire parole rivestite di forte veemenza contro chi, a suo parere, non voleva la crescita della nostra terra. Ma le sue (chi lo conosceva bene ne era al corrente), erano parole intrise dell’intimo convincimento che dura e ardua era la strada del riscatto, che la Calabria aveva troppo nemici (interni ed esterni) per invertire la rotta negativa che aveva da lungo tempo intrapreso. Lo riconosco: ho molti ricordi personali (tutti improntati sul rispetto reciproco) che mi portano a trascurare alcune sue scelte non sempre condivisibili; tuttavia- cosa non secondaria- non può essergli disconosciuto il grande merito di essere stato il vero sdoganatore di Mario La Cava, Saverio Strati, Francesco Perri e tanti altri scrittori calabresi, ai quali ha dedicato intere monografie che hanno risvegliato in tutti noi la loro importanza culturale (monumentale la sua “Storia della letteratura calabrese –Autori e Testi”, quattro volumi, dalle origini a tutto il novecento, ed. Periferia, 1993-1197, Cosenza). Ha scritto migliaia di pezzi, ha diretto diverse testate giornalistiche, ha promosso tantissime iniziative culturali, ha sempre lottato per mettere in pratica le sue idee.
Come un po’ tutti gli intellettuali, era
malinconico e narciso, irascibile ma anche generoso. Specie negli ultimi tempi, era quasi
ossessionato da una sorta di accerchiamento politico-culturale a danno della
Calabria, e per questo si scagliava a più non posso (sbagliando in buona fede)
contro chi ne parlava criticamente. Era divenuto sospettoso, col tempo si era rinchiuso in una specie di fortino culturale (non
dorato, era un uomo semplice e privo di fronzoli) dal quale scagliava le sue
lance acuminate verso chi non condivideva le sue idee e il suo impegno. Poteva ancora darci molto, ma ha vissuto
pienamente ogni sua giornata, in perenne compagnia dell’arte, nel tentativo disperato di dare un contributo concreto (anche a costo di
posizionarsi non sempre in modo interpretabile) alla Calabria, che più
di tanti altri ha generosamente servito e amato.
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