sabato 7 maggio 2022

HANDICAP PREGIUDIZIO LETTERATURA

  Il presente saggio,  realizzato nell’ambito dei programmi europei PETRA e ERASMUS, a cura, presso il Dipartimento di Scienze dell’Educazione- Università di Bologna- del Prof. Nicola Cuomo (“L’emozione di conoscere”, 2-4 settembre 1991), è stato pubblicato su “Aschesis” n. 6/9-settembre-dicembre 1991. In questa sede, è stato riveduto ed integrato in alcune sue parti.

 Vincenzo Stranieri : Pedagogista, cultore di Antropologia Culturale presso la facoltà di Lettere e filosofia dell’Università della Calabria

Sin dall’antichità ogni manifestazione che non rientrava nell’alveo degli schemi culturali del sistema sociale era considerata un evento <<fuorinorma>> da esorcizzare in nome di principi religiosi o, anche, di criteri politico-religiosi. (1)

Gli spartani – a esempio- praticavano nei confronti dei bambini affetti da malformazioni, una sorta di giudizio di <<utilità>> per cui ritenevano giusto sopprimerli. (2)

La relazione tra gli uomini e il Potere politico-religioso era dunque fuorviata dal pregiudizio, dalla totale ignoranza dei motivi che stavano alla base dei comportamenti degli <<invasati>>, nonché degli individui oggi meglio conosciuti come portatori di handicaps.

Anche i secoli rinascimentali conobbero, non meno che in passato, forme più o meno aberranti di pregiudizio. (3)

Conseguentemente, anche nel sec.XVI° ed oltre, assistiamo al dilagarsi di un’ira persecutoria al punto che fra’ Girolamo Manghi da Viadana, Minore osservante (1529-1609), pubblica il <<Compendio dell’arte esorcistica>>, Bologna 1576. (4)

Pochi anni prima, invece, (1560) <<usciva per opera dello stampatore veneziano Lodovico Avanzi, che la pubblicava assieme alla magia Naturale di Giovan Battista della Porta, la traduzione italiana de “Occulta naturae Miracula” del medico zelandese Lievin Lemmes. Il capitolo VIII° era dedicato ai “parti mostruosi”, e, “nella copia dell’opera ora posseduta dalla biblioteca Universitaria di Bologna, accanto al titolo, una mano del XVI° sec. vergava l’avvenimento per li maritati pazzi e sporchi”>>. (5)

Inoltre, e qui i fatti diventano veracemente inquietanti, l’idea della <<terribilità>> della nascita era all’origine della tacita ma diffusa abitudine, anche in questo periodo, << di uccidere subito dopo il parto la creatura deforme che non fosse morta spontaneamente>>. (6)

Ma, come se ciò non bastasse, <<il mostro che sfuggiva al duplice rischio del trauma del parto e del terrore ed orrore degli astanti non sfuggiva al destino alternativo di essere mostrato per denaro dai genitori>>. (7)

E, cosa ancor più insospettabile, la soppressione talora coinvolgeva anche la madre, che, alle volte, veniva <<bruciata viva insieme al figlio, come accadde nel 1543 ad Avignone, alla fine del secolo a Messina, nel 1618 a Basilea>>. (8) Nei secoli dopo i pregiudizi permangono vivi, anche se non così crudelmente come in passato, ma il ruolo (subalterno) della donna non muta; essa, infatti di fronte alle istituzioni è <<in una duplice assimetria di potere: preti, notai, inquisitori, medici non solo detengono le regole delle relazioni sociali, ma anche quelle delle loro identità>> (9).

Difatti, specie nei secoli XVIII° e XIX°, <<si cerca di colpire la sessualità femminile con un controllo morale fondato sulla paura del contatto, l’isolamento morale come strumento d’esclusione… ed il parto è un momento decisivo, se non si trovasse il modo di ribadire il controllo, l’oscura forza del ventre materno potrebbe contaminare la discendenza e generare mostri. (10)

Tale atteggiamento non cessa d’essere minaccioso e violento neanche con la nascita della medicina moderna (sec. XIX°), tanto che nel linguaggio popolare permangono frasi come: << E’ stregata>>. << E’ un diavolo>>, anche nei confronti di quei ragazzi che presentavano solo un’innocente vivacità caratteriale, un’ostinazione meno misurata degli altri. (11)

Nell’Ottocento, infatti, << ci si preoccupava di individuare i segni esterni di un’eredità diabolica: le sopracciglia aggrottate, lo sguardo sinistro, il viso irregolare e l’orecchio malformato>>. (12)

Ad avvalorare tali superstizioni contribuì lo scienziato Cesare Lombroso che nel saggio << L’uomo delinquente>> teorizzò le basi dell’Antropologia Criminale in Italia, sostenendo << che il delinquente non è fatto come gli altri uomini. Egli reca nei suoi tratti esteriori, fisici nei più intimi recessi della sua malvagità una sorta di stimmate del male che costituiscono il residuo di una lontana barbarie>>. (13)

Anche a causa di tale presupposto <<scientifico>>, il brigante Musolino (<<Il re dell’Aspromonte>>), nel corso del suo ultimo processo (1902), che lo vide condannato all’ergastolo per avere ucciso sette persone, <<divenne così oggetto della curiosità di scienziati che pretendevano di trovare nella sua conformazione fisica e nella sua struttura mentale la conferma di alcune rivoluzionarie tesi dell’antropologia criminale>>. (14)

Il nostro secolo ha anch’esso vissuto (vive tuttora) parte di tale atmosfera negativa di ispirazione medievale (<<il fantastico mostruoso>>). (15)

Anche i giornali di una certa levatura continuano ad alimentare il seme del pregiudizio. Difatti, come ben sottolinea Bianca Stancanelli, c’è ancora chi scrive <<morto alto 130 cm>>, <<è il nano di Termini>>, <<il giallo del nano>>, e così via. (16)

Evento negativo,questo, denunciato sulle colonne de <<Il Messaggero>> dallo scrittore Vincenzo Cerami, che parla di una diffusa ipocrisia sociale verso i portatori di handicaps, nei confronti dei quali <<il disprezzo è autorizzato>>. (17)

Ma in che modo la letteratura <<contemporanea>> ha affrontato il tema dei malformati, dei gobbi, dei ciechi, degli zoppi ect.?

Analizzeremo le opere di alcuni scrittori, sapendo di tralasciarne qualcun altro. Ci preme fornire qualche esempio, infatti.

Un <<classico>> italiano è il romanzo di Francesco Mastriani <<La cieca di Sorrento>>, che conobbe una diffusione impressionante, particolarmente nel Mezzogiorno. (18) E’ la storia di Gaetano, calabrese, povero in canna, e Beatrice, cieca, figlia di un marchese. (19)

Un amore, il loro, conclusosi in modo tragico. Mastriani, però, non pone l’handicap al centro del fallimento sentimentale. Gaetano, infatti, nonostante la deformità del corpo, diventa, quasi come riscatto, un medico affermato. Beatrice, invece, simboleggia l’isolata dolcezza di chi ha accettato, per amore, la <<diversità>>.

L’intelligenza di Mastriani sta nel mostrare l’amore dei due giovani bloccato per motivi esterni alla loro vicenda, affidando a Gaetano il ruolo finale di chi ha saputo, dopo la morte improvvisa di Beatrice, <<rinascere a nuova vita>>, ed ottenere il perdono per un grave delitto commesso anni prima da suo padre. Una storia, questa che si inserisce nel suolo catartico del romanzo d’appendice. (20) Da un romanziere popolare ad uno di tutt’altra dimensione: H. Melville (1818-1891).

La sua opera più famosa è << Moby Dick >>, storia di una balena bianca, simbolo del male, inseguita per tutti i mari dal capitano Achab ( o Ahab), al quale manca una gamba, e ciò lo rende quasi una presenza dai demoniaci contorni. La sua nuova gamba d’avorio pare una sfida ai venti della tempesta, alle avversità delle lunghe giornate di caccia. Ma ecco <<Moby Dick,>> la balena bianca, anch’essa <<diversa>>, unica nel suo genere. L’handicap del capitano Achab, come pure la peculiarità di Moby Dick, vengono da Melville elevati a mito.

La gamba malata, infatti, a leggere con attenzione la parte finale del romanzo, non è altro che la colpa di tutto il genere umano, e che, maggiormente, trova conferma nei pensieri di Achab, nella sua <<certezza>> che <<tutto il tormento dell’allora presente sofferenza fosse lo sblocco diretto di un precedente dolore; e gli era sin troppo chiaramente parso di vedere che, come pure il rettile più velenoso della palude perpetua la sua specie con la stessa ineluttabilità del più dolce uccello canterino del boschetto, così, imparzialmente con ogni felicità, tutti i tristi eventi generano naturalmente il loro simile>>. (21) In questo frangente, la letteratura di Melville raggiunge vette elevate, delinea lo spazio della nave come un eterno palcoscenico dove si celebrano le forme del mito, le sue ancestrali origini. Achab, infatti,  pensava che <<mentre persino nelle più sublimi felicità terrene si cela sempre una certa insignificante meschinità, ma in fondo ad ogni dolore del cuore è latente un significato mistico e, in alcuni uomini, una grandiosità angelica, così il loro diligente rintracciamento non smentisce l’ovvia deduzione… l’incancellabile, triste marchio della nascita sulla fronte dell’uomo>>, ovvero il dolore ereditato dagli dei. (22)

La grandezza di Melville, oltre naturalmente al suo stile superbo, sta nell’aver inserito l’handicap nella coralità degli eventi narrati.

L’espiazione del capitano Achab, infatti è la condizione di solitudine in cui (con o senza handicap) versa tutto il genere umano. (23)

<<In uomini e topi>> di J. Steinbeck (1902-1968), tra i più importanti scrittori americani, viene, tra l’altro, narrata una particolare forma di delitto. Gorge, l’adulto che conosce gli inganni della vita, uccide Lennie, suo giovane amico affetto da <<ritardo mentale>> per evitargli ulteriori umiliazioni e conflitti. Un dramma dove il microcosmo inventato da Steinbeck trasuda di simboli universali profondi.

<<L’onesta animalità>> (24) di Lennie, e l’intelligenza dolorosa di Gorge, simboleggiano il sogno della libertà perduta, forse. (25) Gorge, e ciò è mera allegria, uccidendo l’amico sofferente riafferma allo stesso tempo il valore di un’esistenza lontana dal linciaggio fisico e morale perpetrato dalle dure leggi degli uomini. (26)

L’handicap di Gorge, infatti, finisce d’essere la miseria del mondo, diventando <<elemento analizzatore>> di un’umanità sempre più <<spossessata e umiliata>>, che proprio nell’handicap vorrebbe trovare il capro espiatorio dei << suoi>> mali.

Una fetta di umanità ansimante si agita anch’essa nel racconto breve di Pirandello, <<Ciarla scopre la luna>>. Ciarla è un ragazzo siciliano che lavora insieme agli adulti in una solfatara, fianco a fianco a Zi Scarda, <<cieco da un occhio per lo scoppio di una mina>>. (27)

Zi’ Scarda, ormai assuefatto alla fatica animale della miniera, vive rassegnato al suo destino. Nel ventre della miniera è sempre notte, come nel cuore e negli occhi di Zi’ Scarda, ma Ciarla trova ugualmente la via ( la spelonca di Platone?) per scoprire il fascino ancestrale della luna, la sua magica luce notturna.

Vi è poi la passione patriottica di E. De Amicis, che, nel racconto <<Il mutilato>>, narra di un <<amor di Patria>> quantomai retorico, intriso di una atmosfera moraleggiante, di dubbia efficacia pedagogica, anche in considerazione dell’eccessiva vena stoica (masochistica?) che anima il protagonista. (28)

Un romanzo, poi, che solo apparentemente narra di un’avventura per ragazzi: <<L’isola del tesoro>> di R. L. Stevenson (1850-1884), dove la figura più centrata,assieme al giovane protagonista Jim, è quella di Silver, il cuoco dell’Hispaniola, archetipo del filibustiere privo di scrupoli. Egli è un <<pirata come si deve, capace dei più orribili delitti, ma capace anche di mantenere la parola data…>>. (29) Sono in tanti ad avere delle riserve pedagogiche su quest’opera giudicata di un realismo fin troppo aggressivo. (30) Stevenson, anche se da un’angolazione meno introspettiva di quella di Dostoevskij e di Conrad, affronta il tema della <<doppiezza umana>>. (31) Appare eccessivo, però, l’utilizzo della gamba mozza del capociurma Silver.

L’handicap, infatti, è fin troppo necessario agli scopi del romanzo, al punto che senza la gamba mozza, il fascino maligno di Silver scadrebbe di tono, e i suoi occhi luccicanti di furbizia non avrebbero alcun senso sul grande palcoscenico marino dei pirati. Ciò appare ancora più strano se si pensa ad un’altra opera di Stevenson, <<Giardino di versi>>, che segna il ritorno dell’autore alla poesia dell’infanzia. (32)

Resta da chiedersi, quindi, perché la doppiezza umana deve essere per forza rappresentata da Silver, pirata con una gamba mozza, e non da un qualsiasi personaggio. Rimane il fatto che, con o senza intenzione, il grande scrittore inglese ha anch’esso contribuito all’affermazione di un grave pregiudizio: handicap = furia omicida.

Altri toni o altri intenti lievitano nel romanzo di V. Ugo <<Notre-Dame e Paris>> (1831), che narra di una creatura bellissima, Esmeralda, contesa dal campanaro di Notre-Dame, Quasimodo, gobbo e deforme anche in viso, e dell’arcidiacono Frollo. Quest’ultimo, per gelosia, uccide l’amante di Esmeralda, un giovane capitano, facendo ricadere la colpa sull’ignaro Quasimodo. (33)

Hugo, anche in questo romanzo, come per i <<Miserabili>>, denuncia le ipocrisie dell’animo umano, che, in una sorta di giudizio manicheo, addossa al campanaro (il mostro) l’effige del male, contrapponendolo alla bellezza superba, ma non altera, di Esmeralda (la tentazione demoniaca). L’arcidiacono Frollo rappresenta i principi religiosi corrotti, l’incapacità di accettare i sentimenti degli altri, forse meno probi ai doveri cristiani, ma senz’altro provvisti di quella pietas che, Frollo, sembra riacquistare solo dopo la morte-espiazione sul patibolo di una Parigi bardata a festa.

L’handicap di Quasimodo, mentre è visto da Esmeralda come simbolo morale capace di scuotere la coscienza degli uomini, è invece demonizzato dalle istituzioni (dal clero), che inizialmente, contrappongono la deformità alla bellezza, per poi unirli nel giudizio finale: il male si cela nella deformità come nella bellezza maligna. L’impegno di Hugo, infatti, è quello di coniugare la morale con l’estetica, la pietà con la cultura.

Un’altra opera che narra dell’handicap come capro espiatorio è <<L’idiota>> di F. Dostoevskij. Il principe Myskim, un epilettico, ritorna in Russia da una clinica Svizzera dove un famoso psichiatra l’ha curato da gravissimi disturbi mentali. (34)

L’amicizia con un giovane aristocratico, Rogozin, modificherà la sua vita al punto che, alla fine ripiomberà nella più totale idiozia e, cosa non meno grave, quasi correo di un delitto commesso da Rogozin in un eccesso di gelosia. Dostoevskij (anch’esso sofferente di epilessia) narra con estrema coerenza di un grave stereotipo culturale: da alcune malattie non si guarisce mai. Ed è proprio sulla scia di questo bieco luogo comune che il principe Myskin sarà risucchiato dal fondo ventre dell’idiozia. (35)

Di altro taglio è l’opera teatrale <<Figli di un Dio Minore>> del drammaturgo americano M. Medoff. (36) E’ la storia d’amore tra James (insegnante in istituto per sordomuti) e Sarah, sua affascinante allieva sorda dalla nascita.

Nonostante il mondi di Sarah sia dominato dal linguaggio dei gesti e da lunghi silenzi, James riesce a insegnarle molte cose. Una cosa Sarah non gli permetterà mai di insegnarle: parlare. Se ciò avvenisse, Sarah verrebbe catapultata in un mondo non ancora pronta a capire (accettare) il senso del suo essere, dei suoi silenzi. (37)

Anche <<i segni sono un linguaggio completo>> afferma il neurologo americano O. Sacks, ma, evidentemente solo uno sguardo partecipe e appassionato, del tutto privo di pregiudizi, è in grado di penetrare nei moti di tale realtà interiore. (38) James è uno di questi: egli comprende  che nella mente della sua donna si cela una ricchezza spirituale inesplorata, in grado di gettare nuova luce sulla mente hmana. (39) Una <<luce>>, questa, non necessariamente <<figlia di un Dio Minore>>. (40)

 

NOTE

 

1.     C.H. DELACATO. Alla scoperta del bambino artistico, Ed. A. Armando, Roma 1979. p.41, in N. CUOMO, Handicaps <<gravi>> a scuola (Interroghiamo l’esperienza). Cappelli Ed., Bologna, 1984, p.93.

2.     <<Sempre secondo la tradizione i bambini che, per malformazioni o gravi difetti fisici, non erano giustificati idonei alla futura vita militare venivano esposti sul Taigeto per ordine della genusia; gli altri venivano sottoposti ad una rigida educazione atta a sviluppare il coraggio e l’abilità…>>, in ENCICLOPEDIA EUROPEA, Vol. 10. Garzanti Ed. Milano, 1980, p.805.

3.     <<…e la stessa demologia cristiana ammise la fascinazione come effetto di un patto tacito o espresso col demonio, come stanno a provare soprattutto le teorizzazioni della famosa bolla di Innocenzo VIII “Sumis desiderantes affectibus”, del “malleus Maleficarum” e in genere la sterminata demologia che si lega alla sanguinosa persecuzione contro le streghe durante i secoli decimosesto e decimosettimo>>. (E. DE. MARTINO, Sud e magia, Ed. Feltrinelli, Milano,1980, p. 82). Da tenere presente, inoltre, che <<Di quanto vasto ed irresistibile fosse il rapimento religioso, può far testimonianza quella strana crociata di bambini che, qualche anno prima della morte di Innocenzo III (1213), mosse dalla Francia sud-orientale, e perfino da alcune contrade tedesche. Un pastorello prese a dire che gli spiriti celesti gli avevano rivelato che solo gli innocenti e i fanciulli avrebbero potuto liberare il Santo Sepolcro. Ragazzi e ragazze tra gli otto e i sedici anni lasciarono i loro villaggi e si diressero in massa verso il mare. Molti di essi perirono uccisi dalla fatica e dagli stenti. Molti altri furono preda di avidi mercanti che allettarono a sé i fanciulli, per poi  farne commercio>>. (F. SCHLOESSER. Storia universale. In J. ANDRZEJWSKI. Le porte del paradiso, Sellerio Ed.1988. p.9.

4.     G.MENGHI. Compendio dell’arte essorcistica (anastatica del 1576). Nuova Stile Regina-E.C.I.G.. Genova 1990, in <<Il Sole 24 Ore>>, 10 febbraio 1991,p,25. a cura di Ermanno Peccagnini.

5.     O. NICCOLI, Menstruum Quasi Monstruum; parti mostruosi e tabù mestruali nel ‘500. in <<Quaderni Storici>>.n.44, Il Mulino Ed..Ancona-Roma, 1980,pp. 402-405.

6.     O. Piccoli. Op. cit., p.404.

7.     IBIDEM, p.405.

8.     IBIDEM, p.405.

9.     L.ACCATI, Introduzione a <<Quaderni Storici>>, op. cit. p.338.

10.                       L. ACCATI, op. cit.p.343.

11.                       << Nel caso dei bambini si può estendere l’osservazione di Foucault sulle parole del folle: “Dal profondo del Medioevo il folle è colui il cui discorso non può circolare come quello degli altri; capita che la sua parola sia considerata come nulla e senza effetto, non avendo né verità né importanza”>>. (M. FOUCAULT. Storia della follia. Milano, Rizzoli, 1963. in J. ANDREJWSKI, op. cit. (nota retrocopertina).

12.                       C.M. FLEMING. Analisi psicologica dell’insegnante, La Nuova Italia Ed.. Firenze-Bologna, 1972. p.137.

13.                       E. MACRI’, Musolino (Il brigante dell’Aspromonte), Camunia Ed. Milano, 1989, p.196

14.                       E. MACRI’, op. cit. p.196

15.                       <<Nello scongiuro per l’ingorgo mammario… l’esemplarità metastorica nasce da un nano deforme che in “illo tempore” fece e disfece l’ingorgo, provocando nelle donne per vendicarsi dalla loro derisione, e quindi annullando il malefizio dopo aver ricevuto le loro scuse>>. (E. DE MARTINO. op. cit. p789.

16.                        B. STANCANELLI, Un nano? Deve essere cattivo, <<Panorama>>, 20 Maggio 1990. Mondatori Ed. Segrate (MI), p.79

17.                       <<Un mostro (il nano) che non crea scrupoli di coscienza: verso di lui il disprezzo è autorizzato. E si può pure sottolineare con compiacenza che è un nano, per giunta con l’aria di suggerire che la sua minorazione fisica sia una conseguenza della sua crudeltà: è un uomo talmente cattivo che è un nano… cronache commenti su queste vicende riecheggiano un clima anni Cinquanta. In contraddizione con la sospetta democraticità di quest’epoca che, in sovrabbondanza di eufemismi, definisce i ciechi “ non vedenti” e i sordi “non udenti” e predica attenzione per gli handicappati, rispetto le diversità, ecco scattare una reazione primitiva contro il “nano”. Come se questo fatto avesse mostrato la fragilità di una cultura apparentemente adulta nella quale sopravvive qualcosa di barbaro>>, in B. STANCANELLI. op. cit. pp. 79-80

18.                       F. MASTRIANI,  La cieca di Sorrento, Ed. Paoline, Vicenza. 1959

19.                       <<L’esistenza dei ciechi non ha nulla in comune con quella degli altri uomini; i rapporti esterni, i bisogni, i sentimenti sono diversissimi, e tutto prende diverse proporzioni nel loro animo; la mancanza di senso fisico di tanta importanza nella formazione delle idee sviluppa sommamente la sensibilità di questi esseri ridotti in stato d’inferiorità e di soggezione…>>, in F. MASTRIANI op. cit. p.107

20.                       << Allo smorto chiarore della candela si distingue il suo volto bruno, magro, incavato e brutto. Egli ha il capo coperto di capelli rossi ma duri e ricci; il labbro inferiore sporge in fuori carnuto, e tocca quasi la punta di un grosso naso aquilino…I suoi occhi sono un po’ strabici, sono tuttavia pieni di vivacità ed espressamente mobili sotto una fronte larga e spianata, in mezzo alla quale una ruga profonda apre un solco, come una ferita o come la traccia d’una maledizione onde Iddio l’ha fulminata. Nel complesso delle sembianze di quest’essere umano si legge a prima vista l’odio che egli deve concepire per ogni bellezza, e quell’irascibilità di carattere, naturale nei deformi; ma studiando meglio i suoi lineamenti, si rimane colpiti dalla espressione di profonda sagacità a cui sono improntati, e da quella solenne maestà di cui si riveste il volto di quegli uomini che fanno della scienza la loro consueta occupazione>>., in F. MASTRIANI, op. cit., p.10

21.                       H. MELVILLE, Moby Dick, Vol. II°, Ist. Georgr. De Agostini, Novara, 1987, p.492

22.                       H. MELVILLE, op. cit., p. 493

23.                       “Ma il mio arcaico è sempre collegato al <<sacrificio>>, cioè all’atto con quale l’uomo si conquista il favore degli dei e delle forze supreme, che secondo la rivelazione del mito, regnano nell’universo”. (E. SEVERINO), La filosofia antica, CDE, Farigliano (CN), 1987, p.17

24.                       C. GORLIER, G. STEINBECK, in Uomini e topi di G. STEINBECK, Bompiani Ed., 1986, Milano, p.119

25.                       A tale proposito, risulta illuminante il saggio di E. Froom <<Fuga dalloa Libertà>>, Milano Comunità Ed., 1970, dove il filosofo di <<Avere o essere>> e de <<L’arte d’amare>> afferma  che la libertà che investito l’uomo del XX° sec. è capace di <<un conformismo da automi>>, di ancestrali meccanismi di <<fuga>>.

26.                       <<Davvero, è come un ragazzo. E non farebbe nessun male, proprio come un ragazzo, se non fosse così forte…>> (G. STEINBECK, op. cit.,p.48

27.                        L. Pirandello, Ciarla scopre la luna, Ed. Mondatori, Milano, 1967, p.107

28.                       << E un giorno venne un generale vecchio, con il petto tutto coperto di medaglie, e tanti ufficiali dietro, e si avvicinò al mio letto con il berretto in mano e anche tutti gli altri avevano il capo scoperto, egli, il generale mi domandò come stavo, e dove ero stato ferito e in che modo, e quando gli ebbi raccontato tutto, mi par ancor di vederlo, alzò gli occhi al cielo, poi strinse le labbra con sospiro e disse: -Fatti coraggio figliuolo e poi mi strinse la mano, capisci, lui che era un generale…>> (E. DE AMICIS), Cuore, coraggio e sentimento (a cura di A. Bruno), Ed. Le Monnier, Firenze 1969, p. 173

29.                        A. CIBALDI, storia della letteratura per l’infanzia e l’adolescenza, Ed. L a Scuola, Brescia, 1967, p. 315

30.                       <<Silver, agile come una scimmia, anche senza una gamba e senza la gruccia gli dà addosso in un baleno e per due volte affondò il coltello fino al manico in quel corpo indifeso; dal nascondiglio potevo udire il respiro affannoso mentre vibrava i colpi… Quando rinvenni il mostro s’era ricomposto, la gruccia sotto l’ascella, il cappello in testa; Tom giaceva immobile sull’erba di fronte a lui. L’assassino non se ne curava affatto, ma ripuliva il coltello insanguinato con una manciata d’erba…>> (R.L. STEVENSON, op. cit. pp. 118-119)

31.                       Ci riferiamo, in particolare, in particolare, a <<Memorie del sottosuolo>> di Dostoevskij e a << Il compagno segreto>> di J. Conrad.

32.                       A. CIBALDI, op. cit. p. 315

33.                       V. HUGO, Notre –Dame de  Paris, Ed. Mondadori, Milano, 1964

34.                       <<Morbo conosciuto nella sua fenomenologia esteriore fin dal 500 a. C. e denominato “morbo sacro”, l’epilessia ha sempre destato estrema curiosità mista a spavento…Nel Medioevo la bieca cecità e la protervia del potere teocratico, volutamente ignorando gli insegnamenti ippocratici, perseguitava gli epilettici al pare delle streghe, impedendo loro la procreazione, castrando i maschi e rinchiudendo le femmine, alimentando in tal modo a dismisura i pregiudizi popolari>>. (P. L. DESJORIO-D. GARIBALDI,). L’epilessia in età scolare: aspetti clinici e sociali, in <<Conoscere l’handicap>>, ed. Ist. Di Ricerca sulla Comunicazione, Pescara, Settembre-Dicembre, 1987, p. 60

35.                       Ma egli non comprendeva più nulla di quello che gli si domandava e non riconosceva coloro che lo circondavano e, se lo stesso Schneider (lo psichiatra) fosse arrivato in Svizzera, per visitare il suo allievo e paziente di una volta, ricordando lo stato in cui qualche volta cadeva il principe nel primo anno della cura in Svizzera, avrebbe fatto un gesto disperato con la mano e avrebbe detto come allora: <<Idiota!>> (F. DOSTOEVSKIJ, L’idiota, Garzanti, 1978, vol II°, p. 776).

36.                       M. Medoff, Figli di un Dio Minore, Ed. Mondatori, Cles (CN), 1987

37.                       <<Per tutta la vita, sono stata l’espressione di altra gente… Lei dice; lei pensa; lei vuole. Come se io no esistessi. Come se non ci fosse4 nessuno, qui dentro, che potesse capire. Finché non mi permetterete di esprimere la personalità…al pari di voi, non sarete mai realmente in grado di penetrare il mio silenzio, né di conoscermi. E finché non ne  sarete capaci, non permetterò mai a me stessa di conoscervi. Fino a quel momento, non potremo mai essere uniti. Non potremo mai entrare in relazione>>. (M. MEDOFF), op. cit.pp. 104-105

38.                       O SACKS, Vedere Voci, Ed. Adelphi, in <<Il Circolo>>, Ed. Mondatori, Verona, febbraio 1991. p. 17

39.                       <<No, bisogna davvero finirla di considerare gli handicappati come una categoria di infelici… Da qui potrei fare ogni cosa ed essere compresa, giustificata. Potrei sputare in faccia a chi voglio. “Poverina”, direbbero dopo tanto tempo che vive li dentro… C’è anche una categoria di persone che mi vede come una Madonna di Lourdes, come un oracolo, una Cassandra…>> (R. BENZI, Il vizio di vivere, Euroclub, Bergamo, 1987, pp. 61-62, 103,107

40.                       <<E perché da tutto ciò che circonda, sembra che qualche dio minore abbia creato il mondo. Non avendo tuttavia la forza di forgiarlo come avrebbe voluto?>> (TENNYSON, Idilli del Re, in M. MEDOFF, op. cit., p.9)

 

 

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