domenica 4 dicembre 2011

"Colloqui con il padre” di Fortunato Nocera narra di un mondo antropologico che, come insegna Corrado Alvaro, abbiamo il dovere di ricordare

                                     
                                                    di Vincenzo Stranieri


Fortunato Nocera è un amico caro che lavora in silenzio per il miglioramento della nostra amata terra.  E’ stato tra i promotori della Fondazione Corrado Alvaro in S. Luca ed ha al suo attivo diversi scritti.
Poco tempo fa ha pubblicato un saggio-racconto intitolato "Colloqui con il padre” (Ed. Citta del Sole, Reggio C., 2011) che narra del cordone ombelicale che lo lega alla figura paterna e che utilizza per ricostruire le tessere del mosaico antropologico di provenienza.
Uno scavo lento ma profondo, fatto di domande incalzante al padre Rocco, che, con sincerità e acume, lo illumina nel suo viaggio a ritroso alla ricerca di un mondo pendutosi nel profondo buco nero del mutare dei tempi.
Si assiste, all’occorrenza, a una saga familiare composta da personaggi che operano sì in mondo arcaico, ma che sono provviste di valori umani profondi e fertile immaginazione.
In servizio della Rai un vecchio di S. Luca, con lingua agile e priva di emozione, spiegava al giornalista di turno le forme del mondo antico, le costumanze più in uso, e poi il cambiamento, l’avvento dei cosiddetti tempi moderni, il progresso fatto di macchine, case di cemento armato costruite  in assenza di regole, abiti firmati, occhiali da sole di marca. Pochi mesi dopo (30 dicembre 2009)   ) quell’uomo morì, era il padre di Fortunato di Nocera, ma questo l’ho saputo solo dopo la sua dipartita.
Mi era proprio piaciuto quel galantuomo d’altri tempi che mostrò di non temere affatto la telecamera,  portatore convinto di quanto lo aveva visto protagonista, ma non per questo privo di aperture verso il nuovo.
In alcune pagine Nocera è impegnato a dominare l’emozione, specie quando il padre gli rammenta il periodo della guerra, l’emigrazione che spopola il paese, i parenti che lasciano le loro famiglie per raggiungere i luoghi della fortuna. Qui la scrittura lambisce spinte poetiche trattenute a viva forza.
La commozione ha il compito il non cedere il passo alle lacrime, la civiltà contadina, se pur lentamente, si sgretola in mille frammenti fino a confondersi con nulla. Nocera assiste ad un cosi immane disastro con la morte nel cuore, chiude gli occhi per scacciare immagini che rammentano solo dolore.
Uno scenario dove la violenza dei tempi fa a pugni con una civiltà cui non si chiede più di recitare un ruolo attivo in seno alla storia umana. Un disastro culturale di portata epocale che il Nostro, per mezzo della figura paterna, ha voluto omaggiare memore della grande lezione  impartita da Corrado Alvaro in “Gente in Aspromonte”.  “E’ una civiltà che scompare e su di essa non c’è da piangere, ma bisogna trarre, chi ci è nato, il maggior numero di memorie”. 

Nessun commento:

Posta un commento