PROLOGO
I poeti non hanno bisogno di viaggiare, conoscono spazi infiniti, volgono il loro
sguardo su distese dove non giunge nemmeno l’occhio insolente dei nuovi sistemi
satellitari, perché la visione d’insieme di un poeta, il suo radar
intellettuale è in grado di opporsi a chi crede - e sono in molti,
purtroppo - di poter trasformare l’esistenza vera in realtà virtuale,
costruita sulla totale finzione.
Certo - per dirla con Pessoa-
anche i poeti sono dei fingitori, non perché falsi o ipocriti, ma perché
necessariamente avversi alla cosiddetta realtà. Un poeta vero, infatti,
non può che opporsi allo status quo.
La Poesia dà valore alla vita, la scandaglia a suo modo, rappresentando una delle cime più
alte del pensiero umano. Un poeta non vive in un preciso luogo spirituale:
scruta, s’immerge negli abissi marini alla ricerca di luce, riemerge per dare
conto delle sue visioni, del suo sguardo sul mondo.
E tuttavia - ciò non è una
contraddizione - ha bisogno di ancorarsi fisicamente a un luogo fisico,
trasformarlo in finestra sul mondo. Il luogo può essere quello natio dove
egli sarà testimone di mutamenti radicali e dal quale - a un prezzo altissimo
-, potrà intraprendere la sua azione intellettuale, oppure porsi su altri lidi
alla ricerca di un’altra dimensione, considerata- a torto o a ragione,
cosmopolita.
VINCENZO STRANIERI
PENSAVAMO
FOSSE ARRIVATO
IL NOSTRO TEMPO
(Pensavamo fosse arrivato il nostro tempo,
la nostra fetta di vita.
Ma siamo ritornati nei nostri buchi,
profondi, neri come la morte).
( testo poetico)
L’AVAMPOSTO (1986)
Mi accade di
entrare in una stanza dove c’è
gente che
scherza, ride e d’istinto assumo il
ruolo
dell’istrione.
Finita la festa,
me ne vado pensando che
dietro il
pagliaccio davvero s’annida
l’ombra del
dramma.
(Vincenzo
Stranieri)
Ai miei genitori
1
Per
viver abbiamo rubato il nettare
alle
api, cospargendo di acre dolcezza
le
nostre menti stanche.
Pensavamo
fosse arrivato il nostro tempo,
la
nostra fetta di vita.
Ma
siamo ritornati nei nostri buchi,
profondi,
neri come la morte.
Per
scaldare i nostri cuori traditi
abbiamo
rubato il magma ai vulcani.
Ma
il freddo ha macchiato di sangue
le
nostre dita indurite.
2
Se
uscito dal tuo guscio senza lo scudo
e
le frecce avvelenate.
Il
sole brucia la tua pelle di latte.
Non
mentire: sei nato per parlare a gran voce,
lontano
da ipocrisie malcelate.
I
granelli di sabbia lacerano il tuo corpo indifeso,
come
schegge di mortaio.
Torna
nel tuo labirinto, non sei nato
per
creare complotti, commedie con attori
scaduti.
( è guerra, ormai).
3
Tra
le mura del villaggio,
gli
occhi cercano una scena inventata,
una
mano da stringere forte
( i brividi i una carezza)
Non
sei solo.
Ma
sembra di vivere l tempo
delle
streghe maligne
con
gli uomini divenuti ranocchi
(padroni di un misero stagno).
4
Non
aspetto più il giorno,
forse
neanche il sole
sorgerà
tra le colline.
Quando
avete squarciato i ventri
delle
vostre madri, non pensavo
a
una fuga senza ritorno.
Dieci,
centro, mille ventri squarciati.
Sono
rimasto solo, con in mano
un
coltello luccicante.
5
Ti
pensavo incline alla beffa,
con
in mano un pugnale di carta.
Sospettavo
semplici risate,
l’onesta
burla di un clown.
Finito
il tempo dei coriandoli
hai
rimesso maschere e vestiti
tra
i tuoi giochi di sempre.
E
ti sei travestito da uomo.
6
Siamo
cavalli dal galoppo sfrenato,
gli
zoccoli spaccati dai sassi.
Il
fiume rallenta la fuga, inumidisce
le
piaghe.
Il
galoppo diviene folle, il sudore
incrosta
le groppe, e il pianto traccia
una
strada in salita.
Ma
resta solo il nitrito nell’aria,
i
cappi attorno al collo, come al tempo
del
Far West.
7
Ho
lasciato che i tronchi scendessero
a
valle.
Il
mio cavallo alato è caduto nel fango.
Ma
la zattera naviga sul fiume,
nel
grido lacerante degli uccelli.
8
I
pugni sono sul petto e le bestemmie
nel
cuore, vecchio blasfemo tradito
dal
fato.
Non
urlare al vento i tuoi sogni trafitti,
la
terra non ha bisogno del tuo pianto
di
ghiaccio.
Sono
terminati gli attimi della rivolta,
quando
i visi illuminavano la notte.
9
I
guerrieri hanno perso le lance.
L’albero
è rimasto senza foglie
e
solo il pianto dei tronchi denuda
le
rocce.
Gli
eroi hanno spesso di gridare,
il
bosco è covo di fantasmi, ora.
All’alba,
gli uomini si alzano eroi,
i
petti sono gonfi, ma la sera in agguato
e
solo allora compare l’amarezza.
10
Non
sono venuto a trovarti
con
le manette nascoste.
(Le
prigioni non hanno senso per chi
ha
avuto come casa stanze sbarrate,
portoni
di ferro, mense maleodoranti).
E
se ti puzzeranno i piedi non chiedermi
perché
manca l’acqua.
E
se avrai fame non chiedermi cibo.
Le
crepe dei muri, feritoie profonde
che
nascondono la verità
(terrificante).
E
i lutti, i corpi senza nome, la terra arsa.
Non
chiedermi nulla.
11
Tra
misteri scavati nella notte,
la
polvere delle arene fugge lontano,
insegna
da uomini in ginocchio.
(sconfitti).
Tra
le pieghe di armonie cancellate
si
nascondono sordide imprese
(e la disperazione).
E’
salita sulle spalle del tempo,
la
infedeltà alla vita.
12
Le
barche navigano stanche,
i
pesci si rifugiano negli anfratti
delle
scogliere amiche.
Le
reti trascinano solo se stesse,
come
uomini soli, claun senza applausi,
disperati
profughi.
A
che serve cantare i silenzi della notte?
All’orizzonte
si intravedono i bagliori
del
giorno, della sua luce accecante
(senza vita).
13
Non
puoi mentire a te stesso
(e agli altri).
L’attesa
degli eventi lascia tracce
nell’anima.
Ti
ritrovi in delirio, con viso riflesso
in
uno specchio di niente.
14
La
dita sui tasti.
Cosa
scriviamo in questo tempo di quiete?
Una
storia nuova?
Una
favola nuova?
La
tentazione di battere con violenza,
coraggio.
La
consapevolezza del vuoto.
Cosa
scriviamo in questo tempo
di
quiete?
15
Non
pensarmi a capo in giù nel mezzo
di
un campo di grano.
Non
farlo.
Quel
che mi resta non penzolerà per la gioia
di
chi ci vuole a capo chino,
inginocchiati
fino allo spasimo
(derisi).
I
miei piedi non guarderanno
il
cielo stellato, batteranno forte,
con
rabbia sulla terra indurita.
Avrò
ancora la forza di stringere le tue mani
e
cancellare dal viso le mie pene.
SOLO IL VENTO
1
Hai
voglia di correre, gridare,
amare
qualcuno, qualcosa.
Hai
voglia di creare un momento,
un
attimo di vita migliore.
Anche
i bimbi vorrebbero,
anche
i vecchi vorrebbero,
tutti
vorrebbero,
( ma nessuno si muove).
Solo
il vento ha la forza
di
muovere le cose
strapparle
dal loro
eterno torpore.
Tu
non sei il vento, la pioggia
che
dà vita alle cose, e nemmeno
Il
fuoco che distrugge ciò che
la
vita la costruito.
Tu
sei.
2
E’
una posizione bassa, la mia
(un’immensa pianura di sassi).
Mi
guardano ansiosi gli occhi del paese
(e le
ingiurie).
Se
venisse il sonno!
Lo
abbraccerei come il corpo
della
mia donna.
Io
cercavo l’amore.
Ma
solo acredine intravedo all’orizzonte.
3
Il
respiro solleva nell’aria
la
polvere di antiche nostalgie.
Scruti
il tuo corpo alla ricerca
del
sogno.
Sei
stanco.
Questa
notte non basterà
a
mandare vie le lacrime.
4
Tra
le colline le case sono forti e robuste.
Sulla
terra solo il pianto dei vecchi
parla
il linguaggio dei poveri.
Non
lasciarmi nel bosco come rovo antico
che
teme il freddo della notte
(con dentro l’ansia dei giorni
perduti).
5
Cerco
di entrare nella tua carcassa,
vecchio.
E’
buio e stretto il labirinto
delle
tue vie interne.
Non
è distante la tua saggezza,
i
colori delle albe incrociate di grano,
quando
i visi cercavano lo sguardo
della
terra.
Userò
la forza.
6
Hai
marciato su la schiena dura
delle
colline, scavano un buco di sangue
sul
petto bruno.
Tra
le rovine hai cercato un brandello
di
vita
(l’intenso
brivido del tuo corpo di carta).
E
le tue trecce, offerte da un gitano
al
prezzo di trenta denari.
7
La
citta ti accoglie nel suo ventre
(sei tornato anzitempo).
Lontano
dalle unghiate velenose dei
giorni
intrisi di pianto
(e di bestemmie).
Il
tuo occhio sul mondo, la sua carne.
Anche
senza la luce del cielo saprai
scherzare
con gli occhi della luna.
8
I
capelli neri sfiorano i gins, con il vento
che
si diverte a disperderli sui fianchi
Solo
ora il burrone appare mostruoso
( al di là dei
campi di grano).
E
la corsa d’amore si spegne senza un grido,
con
il vento che si diverte a stuzzicare i
capelli
neri, a coprire gli occhi dilatati d’amore
( e di
tristezza).
9
Sono
ritornati i fantasmi di un tempo
( e la loro perfida danza).
Non
avverto più le carezze dei giorni
privi
d’angoscia, quando camminavo
per
i marciapiedi della città.
Non
è tempo di magiche risurrezioni
(le croci sono perite tra le fiamme).
Offro
le spalle al vento.
10
Non
è solitudine, questa.
E’
il silenzio dell’inesistente
(l’odore, anche).
Gli
uccelli rimasti turbano la quiete
( arida, eterna).
Un
ritorno alle origini
(un lampo abbagliante).
Non
è solitudine, questa.
11
Su
un cerchio di cemento lasciammo
svanire
di nostri gesti d’amore.
La
voce, l’urlo anzi, di un compagno maldestro
lacerò
i nostri corpi accaldati
( una morsa di carne viva).
E
la stretta d’amore svanì senza parole,
lasciandosi
alle spalle un inquietante
mistero.
Con
gli anni, la vita ha riproposto
i
suoi veti e noi, impotenti, ci parliamo
con
gli occhi.
PAESAGGIO LUNARE
1
Le
impronte dei mie passi hanno
Costruito
un paesaggio lunare.
Io
non amo la luna, i cuoi crateri
di
cenere, le sue forme cangianti.
(la
tentazione di voltarmi indietro,
la paura di andare avanti, cadere nel vuoto).
Non
voglio pensare. Ho terrore.
( Non sarà come a Pompei).
2
Il
tetto, i muri graffiati dal tempo,
il
silenzio del paese.
Il
tetto della fanciullezza cigola
sotto
il peso del mio corpo adulto.
La
‘Comune’, il ‘Che’ mi guardano
incuriositi.
La
mia barba non confonde
i
loro occhi: sanno chi sono.
3
Io
non ho attivato alcun congegno
esplosivo.
Non
potevo.
La
mia vita non ha conosciuto
l’orgasmo
della follia.
Sulle
strade del mondo i ‘Pilato’
offrono
l’ecce homo alla folla.
Molti,
troppi, soni corpi disfatti.
4
Un
volo, dolce, solitario.
Poi
l’atterraggio in un mondo deforme,
sconosciuto:
la terra.
I
covoni bruciano in fretta e le fiamme
lambiscono
le notte come la scure
il
legno del bosco.
I
granelli di sabbia tremano, anche il mare
trema,
ha paura degli uomini,
(pirati dei fondali più bui).
Anche
gli stormi hanno cessato di volare.
5
Gli
occhi stanchi, pietrificati,
Un
sorriso folle, quasi.
Non
era bello guardare il fiume
insanguinato.
I
cani annusano l’acqua
( senza sazio).
Auschwtiz…Beirut.
6
Corriamo
assieme al tempo, ora
(il
ritmo, inquietante, dei suoi battiti).
I
latrati sono dietro le nostre spalle.
Per
questo cerchiamo uno spazio
dove
lasciare i nostri sogni.
7
Danzano
impazzite le parole,
fluendo
per le vie come passi
di
uomini in corsa.
Lasciano
sui muri scie d’inchiostro
maledetto.
E
una cinica carezza sulle mie
mani
dipinte d’angoscia.
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