Vito
Teti è un uomo da sempre impegnato ad affinare - con non poca tribolazione- la difficile arte
della “restanza”, suggestivo neologismo da lui coniato nel suo recente
saggio-racconto Pietre di pane (Un’ antropologia del restare),
Quodlibet, Macerata 2011, dove appunto ci spiega che rimanere in paese ”…
non è stata, per tanti, una scorciatoia,
un atto di pigrizia, una scelta di comodità: restare è stata un’avventura, un
atto di incoscienza , forse, di prodezza, una fatica e un dolore. Senza enfasi,
ma restare è la forma estrema del viaggiare. Restare è un’arte, un’invenzione,
un esercizio che mette in crisi le retoriche dell’identità locali. Restare è
una diversa pratica dei luoghi e una diversa esperienza del tempo”.