Intitolare
un romanzo non è cosa semplice. Deve essere soprattutto tematico, pena facili
depistamenti. Mettiamo di voler intitolare un “nostro” romanzo IL SISTEMA,
conseguentemente dobbiamo stare attenti a non creare equivoci con i Sistemi che
imperano dalla notte dei tempi, e che sempre e comunque si coniugano con il
Potere cui appartengono quanti impongono le proprie ideologie su noi comuni
mortali. Oltre al titolo, il romanzo abbisogna di una bella trama:
accattivante, verosimile, e con in serbo qualche vellutata storia d’amore.
Detto questo in soldoni, il discorso sarebbe lungo e faticoso, ho da dirvi che
per leggere SISTEMA (Sallusti intervista Palamara) ho dovuto pensare
all’intervista non come a un’operazione normale di inchiesta giornalistica. No.
per poterla leggere fino in fondo, l’ho dovuta pensare come si fa per un
romanzo: periodo storico, protagonisti, tessitura, trama, esito finale. Ma non
pensiate che la cosa riesca facilmente. Spesso si ha l’impressione di venire a
conoscenza di fatti non più inverosimili, inventati da chissà quale fervida
fantasia. No. Palamara, è vero, è un regista abile del SISTEMA. Ma non è il
solo, purtroppo. Nella piramide del potere inerente la magistratura italiana
egli è forse il più coriaceo, il più accreditato presso le procure compiacenti.
ma vi sono altri numerosi colleghi che lavorano sottotraccia per il Sistema.
Palamara ha scoperchiato il vaso di Pandora? Solo in
parte. Da anni la magistratura mostra crepe al suo interno, fibrillazioni non
sempre sopite. Si capisce bene dalle confidenze di Palamara a Sallusti,
s’intuisce che il SISTEMA traballa allorquando gli interessi non collimano con
gli obiettivi primari degli organismi interni. Tutti aspirano a qualcosa,
nessuno vuole recedere, crescono così colpi bassi difficili da archiviare,
accuse pesanti da proferire senza alcun ritegno. Crescono pure i Dossier,
informazioni segrete da carpire anche con l’inganno e da utilizzare nei momenti
opportuni. Il magistrato X ambisce, magari legittimamente, a essere promosso Procuratore
Capo di una città a lui gradita, ma deve rinunciarvi perché, stranamente, viene
resa pubblica una sua disavventura, chiamiamola così, verificatasi in passato e
che ora assurge a colpa indifendibile. Tranello dopo tranello, sgambetto
malevolo dopo sgambetto.
Palamara usa un proverbio azzeccato per mostrare le
basi un tempo cementificate del SISTEMA giustizia, ovvero che CANE NON MANGIA
CANE. E invece i morsi sono in aumento, fanno male, logorano i rapporti
storici, inficiano le regole interne al SISTEMA Il
nepotismo non conosce distinzione di classe, un po’ tutti,
all’occorrenza, attingono alla mammella materna. Non sempre è un fatto
immorale, si può essere bravi figliuoli pur in presenza di genitori
ingombranti, ben inseriti in ambiti sociali altolocati. Tuttavia è più facile
ritrovarsi contadini quando si proviene da famiglie dedite da lunghe stagioni
all’aratura dei campi. E
quindi il cosiddetto ASCENSORE SOCIALE , strumento per
scalare le irte montagne che conducono a posti di
prestigio, ha una sua peculiare funzione, difficilmente dà spazio e trasporto a
quanti non orbitano negli alvei riconosciuti degli eletti, che hanno conosciuto
SOLO vizi e bambagia. E’ vero non bisogna generalizzare, non sempre
i figli prendono il posto dei padri, ma pochi
s’oppongono al SISTEMA che sorregge certi ambienti legati al
POTERE di turno. Che anche in Magistratura l’ascensore sociale
funzioni senza particolari intoppi è fatto ormai accertato. E questo non
necessariamente tra parenti prossimi. E visto che stiamo parlando di Luca
Palamara, figlio di magistrato, il quale ha dovuto per forza di cose “vomitare”
il malaffare esistente nel suo mondo lavorativo, non risulta giusto
giudicare il mondo della magistratura come un corpo compatto inserito
nel SISTEMA. Lo assicura lo stesso Palamara, che i buoni magistrati ci sono e
che lavorano con dedizione e onestà professionale. Non mi è antipatico Palamara
perché alla resa dei conti, e non solo per difendersi dalle conseguenze, ha
ammesso cose che altrimenti sarebbe rimaste sepolte nell’omertà e quindi
nell’oblìo. Spero tanto che un bel po’ di magistratura si pensioni, che vada a
casa, ha già avuto troppo e senza pagare nulla in cambio. Spero tanto nei
giovani magistrati da poco entrati in funzione, e che forse sapranno stare
lontano da qualsiasi SISTEMA di potere, inaugurando così stagioni nuove e
positive e questo in nome di Falcone, Borsellino e tutti gli onesti
rappresentanti dello Stato (a tutti i livelli) che hanno lottato per
darci un mondo ricco di ideali che tutti noi siamo chiamati
a custodire con estremo pudore.
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