“Brevi
finestre” di Domenico Talia, Il seme bianco, Roma 2020, è una sorta di taccuino
contenente note che poco insistono su vicende di mera quotidianità, tantomeno
l'autore registra pensieri staccati da valutazioni storico-politiche
attualmente in auge. Egli s'impegna – tra l’altro - a decifrare i motivi di
fondo che hanno contribuito a impantanare il dibattito socio-antropologico a
livello globale. E lo fa osservando con dovizia di particolari le
contraddizioni della società attuale, ma nel farlo non usa alcun nerbo, il suo
linguaggio è apparentemente calmo e mai scontroso, infatti, Pare di sentire una
voce volutamente flebile, mai volgare, con parole che disegnano la realtà
interna/esterna senza mai scivolare in beceri luoghi comuni, mantenendo sempre
oggettività e senso delle proporzioni.
Anche l'ironia di alcune note è saggia e mai invasiva. E’ un linguaggio- come
dicevo- che differisce molto dalle sue precedenti opere narrative e di viaggio,
a dimostrazione della progressiva maturazione semantica. In questo testo di
appunti, infatti, Talia mantiene un contegno linguistico straordinariamente
unitario. Non voglio riassumere il testo, non è questo che interessa il
lettore, ma non posso non ribadire che l'autore ha saputo con eleganza e
maestria descrivere con estrema incisività la sua attuale visione del mondo,
che, a ben vedere, va di molto oltre strette e BREVI FINESTRE.
“Questo
ci indica che in futuro di fronte a scenari inediti dovremo essere capaci di
esprimere forme originali di pensiero e di conoscenza e definire nuovi e più
sofisticati linguaggi che ci permettano di esprimerli”.(pag.87)
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