Prendo con un certo ritardo i miei
appunti su un saggio dal titolo suggestivo: Il seme nelle terre perse, di
Giuseppe Italiano (Rubbettino, 2016, motivi contingenti non mi hanno consentito
di scrivere prima su questo bel testo che contiene diversi saggi di natura
variegata che hanno come unico baricentro la semina culturale (mi si passi la
metafora) che in ogni lembo di terra potrebbe, se è vera e viva la decisione di
seminare, attecchire in un qualsiasi terreno incolto. Italiano si è costruito
un particolare linguaggio: letterario quanto basta, chiaro e puntiglioso,
perché lui tiene alla comunicazione priva di fraintendimenti. E in questo egli
è proprio bravo, mai s’inerpica su pericolosi dirupi semantici perché lui è
persona mite e priva di retro pensieri. Detto questo, la miscellanea dei suoi
scritti offre-tra ‘altro- un inedito spaccato del teatro di Mario La Cava- a
esempio- la cui struttura scenica e prosastica aveva tanto impressionato
Leonardo Sciascia; per poi ricordarci che anche un Gramsci ha potuto sbagliare
allorquando ha sminuito in modo grossolano e violento il romanzo Emigranti di
Francesco Perri. Italiano mantiene una buona amicizia con Matteo Collura,
cugino di Leonardo Sciascia, e al quale ha dedicato un prezioso volume. Collura
è venuto a Bovalino più volte per la presentazione di alcuni suoi saggi, e del
nostro lembo di terra è rimasto impressionato positivamente. Italiano parlando
di Collura in realtà parla anche di Leonardo Sciascia, indomabile “moralista”
troppo presto venuto a mancare. Non sono assenti le note di cronaca,
naturalmente, ma queste vanno giustamente affidate al lettori, che invito a
leggere questo bel saggio intriso di valori morali senza tempo.
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