La pagina di un qualsiasi quotidiano d’oggi raccoglie una mole di notizie che un uomo del Settecento - ad esempio- avrebbe ottenuto in non poche decine d’anni. Notizie su notizie, rigagnoli d’inchiostro viaggiano per il mondo in cerca di fedeli lettori. Ma la notizia, oggi, corre, anzi dilaga, per mezzo di internet, si mescola a immagini colorate pregne di proposte varie, ed appare difficile appropriarsi veramente di questa neo-babele che blatera dettagli su dettagli, proponendo, spesso, una realtà virtuale fatta di niente.Meglio oggi che ieri, naturalmente, ma è pure opportuno quanto necessario capire che qualsiasi cervello umano non è in grado di sopportare questo bombardamento mediatico quotidiano.Non si tratta di censurare nessuno, bisogna invece non precorrere con l’attuale celerità tempi che riguardano l’intimo della natura umana (oltre che le necessità della nostra madre terra).Bisogna decelerare la corsa intrapresa, evitando s’infrangersi sugli scogli di una falsa conoscenza che, col passare del tempo, diverrà totalmente omologata.
Negli ultimi anni stiamo assistendo a diatribe giornalistiche (carta stampata, tv etc) che risultano grottesche quanto inutili. Non voglio riferirmi a nessuna di queste in particolare (l’elenco sarebbe lungo, purtroppo), perché tutte presentano lo stesso vizio di forma: retorica bassa, demagogia urlata, populismo d’infima qualità. Nei salotti televisivi si parla di tutto, si giudica con non poca superficialità questa o quella vicenda, si esprimono valutazioni soggettive che intendono essere verità assolute.Si discutono sentenze, indagini ancora in corso senza essere sfiorati dal che minimo dubbio. Vige la presenza costante del tuttologo, colui/colei che discerne senza pentimenti di terremoti e piogge torrenziali, di naufragi e violenze domestiche.Tutto è chiaro, tutto è certo in questi salotti colorati dove tutti fingono di essere buoni amici.Ma è proprio in questi salotti televisivi che imperano due tipi di delitti culturali che Rosario Sorrentino (neurologo di fama mondiale) definisce- cito a memoria- “pornografia del dolore”, “scarnificazione dei sentimenti”.La nudità del dolore altrui non disturba i numerosi retori, che affondano i loro bisturi conoscitivo dentro le carni più profonde della vittima di turno, scarnificandone, appunto, le emozioni più recondite. Autopsia dell’anima e del corpo, un po’ come quanto accade in alcune serie televisive americane trasmesse con solerzia anche in Italia dove gli esami necroscopici vengono mostrati in ogni loro piccolo particolare, non mancando, naturalmente, di evidenziare il rosso-cupo della carne umana distribuita in modo ordinato sui tavoli di altrettanto ordinati laboratori.Il corpo è un giocattolo che va montato e smontato senza particolari emozioni, come pure i sentimenti. Il poter parlare di tutto eccita le menti di questi mendicanti del sapere, fa luccicare i loro occhi, esalta le loro questuanti narici.Deceleriamo la nostra folle corsa di falsa conoscenza- dicevo- solo così eviteremo gli scogli appuntiti dell’abbrutimento collettivo.
"lA RIVIERA", PRIMO GENNAIO 2022, P.19