Elietta si era svegliata all’improvviso, aveva fatto un brutto sogno. Andò in bagno e si sciacquò il viso. Si guardò allo specchio, era tesa in volto, qualcosa l’aveva angustiata nel sonno. Ricordava un granchio gigantesco che la inseguiva sulla spiaggia del suo paese riverso da secoli su una marina ricca di scogli e piccole baie.
Mentre cercava di sfuggire alle chele del crostaceo maligno, sentiva le gambe prive di forza; tentava di allontanarsi dal pericolo incombente, ma rimaneva bloccata, preda di una paura paralizzante, cosicché, se non si fosse messa celermente in moto, l’animale l’avrebbe di certo ghermita.
Nel mentre ripassava mentalmente le sequenze del sogno, vi cercò un significato simbolico, una giustificazione inconscia.
Cosa rappresentava il ricordo delle basse maree? E perché s’era introdotto proprio ora con tale virulenza onirica?
Si vestì leggera e colorata. L’estate era alle porte, il sole luccicante rendeva più bianche le scogliere poco distanti dalla sua casa. Vi era tornata da pochi giorni, come ogni anno. La giornata le sembrò più lunga, il grosso granchio le pareva nascosto da qualche parte, ne avvertiva la presenza minacciosa..
Uscì per le vie del paese. Si sentiva un’estranea, i luoghi dell’infanzia erano mutati, molti dei quartieri dei pescatori erano scomparsi sotto il peso del turismo, e le voci dei bimbi impegnati a giocare all’aria aperta s’erano spente sotto il peso del mondo adulto.
Elietta avvertì, forse per la prima volta, un dolore fondo nell’anima, un senso di smarrimento che la rendeva preda di sentimenti contrastanti: ripensava all’infanzia perduta, ai giochi sulla spiaggia ricca di giocattoli naturali: conchiglie, granchi, arbusti misti a piccoli pezzi di legno levigati dall’acqua.
Entrò nel bar Laguna e consumò con estrema lentezza, quasi a voler fermare il tempo, un’aranciata.
Tornò a casa controvoglia, capì di avere intrapreso un nuovo viaggio sulla strada della vita.
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